sabato 24 marzo 2012

Addio Fakhra Younas, una donna che ha detto "No!" alla violenza.


Si è uccisa il 17 marzo 2012 lanciandosi dal sesto piano di una palazzina alla periferia di Roma Fakhra Younas, icona dell'emancipazione femminile nel mondo islamico, esempio per tutte le donne che come lei sono vittime di atroci violenze.
Dopo essere fuggita da Karachi, in Pakistan, arriva in Italia nel 2001 dopo che il marito geloso, le aveva cancellato il viso con l'acido nel sonno, solo perché esausta delle continue violenze e umiliazioni la donna aveva deciso di divorziare.
Arrivata a Roma è stata sottoposta a ben 39 interventi chirurgici nel tentativo di riavere il suo bellissimo volto, il suo sorriso e la gioia di vivere.
Nonostante, all'apparenza, avesse riacquistato la serenità grazie alla pubblicazione del libro Il volto cancellato, uscito nel 2005, le sue ferite interiori non hanno mai trovato cura.
Ha tentato il suicidio per ben tre volte, ragion per cui non è stata mai abbandonata da équipe di psicoanalisti.
Tuttavia alla fine, nonostante l'amore per il figlio Nauman, il dolore ha vinto.

Una vita distrutta da un marito senza cuore, condannato ad appena sei mesi di carcere. Una carezza rispetto al male che ha fatto. Un occhio completamente chiuso, l'altro semichiuso, il naso scomparso e ridotto a due piccoli buchi, un orecchio è stato perso, il labbro inferiore e il mento erano attaccati direttamente al torace, poiché  il collo era talmente rattrappito dalle cicatrizzazioni da non consentirle più di alzare la testa.
Solo sei mesi di reclusione! Questo dovrebbe farci riflettere.

Purtroppo il suo non è un caso isolato. In Pakistan la donna continua ad essere totalmente sottomessa al volere e alle perversioni dell'uomo, e come ha affermato la stessa Younas in numerose interviste, tante donne oltre a perdere il loro volto, perdono spesso anche la loro libertà. Per nascondere la tragedia rimangono chiuse in casa e decidono di non denunciare i soprusi subiti.
Tuttavia, come ben sappiamo, la violenza sulle donne non è usanza solo di alcuni paesi bensì di tutto il mondo.
Younas ha avuto il coraggio di ribellarsi, ha trovato la forza di alzarsi ogni mattina dal letto, fino ad adesso, perché voleva dare una testimonianza vera, forte, e per questo non va dimenticata.


Faceva un caldo terribile quella mattina di maggio a Karachi. Improvvisamente sentii un caldo come non avevo mai provato. E non vedevo più, non riuscivo ad aprire gli occhi che mi si erano tremendamente gonfiati. Mi rendevo conto che era successo qualcosa di terribile, ma non sapevo che quello che aveva sciolto i miei vestiti e che ora mi stava mangiando il viso, il petto, le braccia era l’acido.


Tutte noi donne dobbiamo seguire l'insegnamento che ci ha dato Younas, come possiamo passare la vita preoccupandoci soltanto del nostro aspetto, del seno troppo piccolo, o delle labbra troppo sottili?
Come la Younas afferma, dovremmo combattere per ciò che ci spetta di diritto, la libertà e il rispetto, e possiamo vincere solo unite, dobbiamo aiutarci a vicenda.

Il più bell’insegnamento che però poteva dare a tutti quanti è il perdono.
Lei è riuscita, nonostante tutto a perdonare il marito: “Si, l’ho perdonato. Penso che sopra di me ci sia qualcun altro; Dio. Sarà lui a giudicare”.

L'acido non le ha bruciato solo il volto o le braccia, è stata bruciata dentro.
Ma noi non dimenticheremo la sua battaglia!




2 commenti:

  1. Un grande dolore per Younas e per il suo giovane figlio ma anche una grande rabbia per quel folle marito e per il livello delle leggi vigenti in Pakistan: 6 mesi di carcere ... io gli avrei dato almeno 30 anni !!!

    RispondiElimina