lunedì 23 aprile 2012

Morta per un tweet

Il 24 Settembre del 2011 forse non tutti sanno cosa è accaduto. In effetti ne abbiamo sentito parlare molto poco e a distanza di quasi un anno ancora nulla è cambiato.
María Elizabeth Macías Castro, 39 anni, è stata trovata decapitata con evidenti segni di tortura, oltre a quelli di amputazione, a Colonia Madero in Messico.
La donna era caporedattrice di un giornale “Primera Hora”, a Tamaulipas, dove opera un gruppo di narcotrafficanti gli "Zetas".
Svolgeva il suo lavoro con grande passione e diffondeva notizie importanti sui misfatti commessi dai narcotrafficanti attraverso blog, Facebook e Twitter.
In un certo qual modo tentava di riempire, attraverso i social network, il vuoto lasciato dalla stampa.
Come afferma Andrés Monroy-Hernández, un candidato messicano al dottorato M.I.T. Media Lab, "In diverse regioni del Messico sia la stampa che lo stato sono deboli, mentre il crimine è talmente ben organizzato da rimpiazzare – in alcune regioni – lo stato stesso.
Il web è diventato una grande minaccia per questi criminali che hanno imparato a cercare le loro vittime anche su internet, riuscendo a sfidare perfino l'anonimato. I blogger, come la Marcias, sanno i rischi che corrono, tuttavia non riescono a desistere dalla ricerca e dalla denuncia, il loro mestiere diventa una missione da affrontare anche a costo della vita. Uno degli ultimi messaggi pubblicati da Maria era stato: "Ieri sono stati salvati sei ostaggi. Continuiamo a denunciare". Una voce fastidiosa, scomoda, che doveva essere necessariamente eliminata. Accanto il corpo della donna è stato trovato un messaggio:  “Sono la Ragazza di Laredo (Laredo Girl era uno dei suoi nick name in rete) e sono qui a causa delle notizie che ho diffuso. Per tutti quelli che non ci vogliono credere, questo mi è successo a causa delle mie azioni, e per aver creduto nell’esercito e nella marina. Grazie per la vostra attenzione, con rispetto ZZZZ.” Dove la lettera “Z” fa riferimento al violentissimo cartello del narcotraffico “Zetas”.
Tutto questo non può che lasciarci senza parole, sbigottiti e con un grande senso di vuoto. Solo nel 2011 sono stati assassinati 11 giornalisti messicani, e chiaramente la notizia della loro morte non ha trovato quasi nessun posto sui giornali.
In una situazione in cui la stampa è stata messa a tacere Twitter, i siti web e i blog hanno rotto questo silenzio, ma dopo tutti questi assassini non è detto che le cose possano cambiare.
Vogliamo sperare che un giorno questi uomini e donne così coraggiosi/e abbiano la giustizia che meritano, ma al momento non possiamo fare altro che conoscere le loro storie, non lasciarle nell'anonimato mantenendo vivo nella nostra memoria la loro sconvolgente storia.


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