domenica 27 gennaio 2013

Per non dimenticare la Shoah: Irena Sendler

Il 27 gennaio 2012 si celebra in Italia come in tanti altri Paesi del mondo, il Giorno della Memoria per non dimenticare la Shoah.
Un evento che assume ogni anno un significato particolare poiché col passare degli anni le persone che hanno vissuto quella terribile esperienza non potranno più raccontarla e noi potremmo dimenticarla. Invece, la memoria di questa terribile pagina della nostra storia ci deve aiutare a costruire un futuro migliore.
Il proposito distruttivo dei Lager nazisti costituisce la loro particolarità, unica nella storia: quella di eliminare interamente un pezzo del genere umano. Alla distruzione fisica fu aggiunta la degradazione morale, fu inflitta sofferenza gratuita. I pochi superstiti dei campi sono portatori di un'esperienza collettiva assolutamente sconvolgente. La loro memoria finirà con la loro morte ma una domanda deve continuare a tormentare la nostra cultura: com'è stato possibile?
La Shoah si colloca ai confini di ciò che può essere spiegato o dimenticato e più gli anni passano più vediamo come l'uomo e la donna continuano a ricadere sempre negli stessi errori: odio per l'altro, razzismo, violenza contro donne, omosessuali e interi popoli. Ne deriva che si insinua in noi la tragica consapevolezza che ciò che è avvenuto una volta potrebbe avvenire ancora!
Non dobbiamo fare di questo giorno una fiera della ipocrisia, ma al contrario deve spingerci a riflettere e ad impegnarci tutti i giorni della nostra vita. Quando sentiamo episodi di omofobia, misoginia e razzismo non dobbiamo voltare la testa dall'altra parte perché non serve a nulla riempire le bacheche dei Social Network di link che ricordano l'Olocausto se poi siamo indifferenti durante gli altri 364 giorni dell'anno.
Credo fermamente che l'educazione delle nuove generazioni possa cambiare le cose ecco perché è importante far conoscere anche quelle persone che hanno pagato di persona nella speranza di un mondo migliore; Riporto la storia di una donna meravigliosa Irena Sendler che è riuscita a salvare, insieme con una ventina di altri membri della Resistenza polacca, circa 2.500 bambini ebrei, facendoli uscire di nascosto dal ghetto di Varsavia, fornendo loro falsi documenti e trovando rifugio per loro in case al di fuori del ghetto.


Nasce a Varsavia nel 1910 da una famiglia di tradizione socialista. Fin da piccola trascorre molto tempo con i suoi coetanei di origine ebrea, e a 5 anni è in grado di parlare yddish. Il padre è medico e fra i suoi pazienti ci sono molti ebrei poveri di cui si prende cura gratuitamente. Alla sua morte nel 1917, la comunità ebraica offre un sussidio alla famiglia in segno di gratitudine. Da ragazza Irena entra nel movimento scout e durante gli anni universitari si oppone apertamente alla discriminazione degli studenti ebrei. Entra nell'Associazione della Gioventù Polacca Democratica e nel Partito Socialista Polacco. Quando scoppia la Seconda Guerra Mondiale, ha 29 anni e lavora come assistente sociale per l’amministrazione comunale, dove, con il supporto del direttore del dipartimento (che per questo verrà deportato ad Auschwitz), soccorre gli ebrei oggetto di ogni tipo di discriminazione da parte dell’autorità nazista occupante. Nell'autunno del 1940, a Varsavia, viene recintato il ghetto e quasi 400.000 ebrei sono trasferiti al suo interno in condizioni igieniche precarie, aggravate dalla mancanza di cibo e medicine: si moltiplicano le epidemie e il tasso di mortalità è altissimo. In veste di infermiera, Irena riesce ad ottenere un lasciapassare: ufficialmente entra per la disinfestazione, in realtà organizza una rete di soccorso procurando cibo, generi di conforto, vestiti. Quando è nel ghetto porta la stella di David, non solo per confondersi fra la folla, ma anche in segno di solidarietà. Nel 1942 nasce l’organizzazione segreta “Consiglio per l’aiuto agli ebrei” (Zegota) e Irena ne diventa subito una tra le principali attiviste come responsabile del dipartimento infantile di Zegota con il nome in codice di Jolanta. Alla decisione dei tedeschi di liquidare il ghetto inizia a trasferire i bambini, vestita da infermiera, nascondendoli nelle ambulanze.  Spesso i piccoli vengono addormentati con i sonniferi e rinchiusi in un sacco o in una cassa per passare nella parte ariana, facendo credere agli uomini della gestapo che si tratta di morti per tifo. Dopo l’uscita dal ghetto i bambini sono raccolti in centri di assistenza, dove imparano ad adattarsi al nuovo ambiente, e poi assegnati a famiglie, orfanotrofi o conventi.

Nell’ottobre 1943 la Sendler venne arrestata dalla Gestapo: fu sottoposta a pesanti torture (le vennero spezzate gambe e braccia, tanto che rimase inferma a vita), ma non rivelò il proprio segreto. Condannata a morte, venne salvata dalla rete della resistenza polacca, che riuscì a corrompere con denaro i soldati tedeschi che avrebbero dovuto condurla all'esecuzione. Il suo nome venne così registrato insieme con quello dei giustiziati, e per i mesi rimanenti della guerra visse nell'anonimato, continuando però a organizzare i tentativi di salvataggio di bambini ebrei.
Terminata la guerra e l'occupazione tedesca, i nomi dei bambini vennero consegnati ad un Comitato Ebraico, che riuscì a rintracciare circa 2.000 bambini, anche se gran parte delle loro famiglie erano state sterminate a Treblinka e negli altri lager.

 Vogliamo che non succeda "mai più"? Saremo in grado di riconoscere i segni di un futuro più spaventoso olocausto? Oggi dipende da ciascuno di noi


"Se capire è impossibile, conoscere è necessario" (Primo Levi).





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