venerdì 4 maggio 2012

Eve Ensler e Molly Doyle contro la violenza sulle donne

Se non ora, quando? è il nome del movimento che da febbraio 2011 ha riempito le piazze italiane, con idee, iniziative, proposte per porre al centro dell'attenzione pubblica i problemi che affliggono noi donne a partire dal modello degradante e lesivo che di noi offrono i mass-media.
Ma questo nome fa anche riferimento all'edizione italiana di un libro di Eve Ensler insieme a Molly Doyle, pubblicato da Piemme, "contro la violenza e per la dignità delle donne".
Eve Ensler, di cui abbiamo già parlato in questo blog, è un nome noto in quanto si può definire una paladina dei diritti delle donne.
La sua notorietà deriva dall'opera scritta nel 1996 I monologhi della vagina  che ha conquistato un successo planetario, infatti è stata tradotta in 48 lingue e portata in scena a teatro in 120 Paesi.
Da qui è nata l’idea del V-Day, un movimento per fermare la violenza contro donne e bambine, che si autofinanzia con le rappresentazioni a scopo benefico de I monologhi della vagina.

Se non ora, quando? nasce dalla convinzione che noi donne siamo stufe di aspettare e vogliamo, sentiamo l'esigenza di lottare per ottenere libertà e rispetto. Non qualcosa da "donarci" per farci stare zitte, ma qualcosa che ci spetta di diritto!
Eve Ensler e Molly Doyle dirigono un coro di voci appassionate che diventa grido di libertà.
"Per dire che essere donna ancora oggi non è facile, perché si tende a negare che la violenza, nelle sue molteplici forme, esista. Questi racconti, toccanti, arrabbiati, emozionanti e a volte leggeri e poetici, ricordano che la dignità della donna è un bene che va tutelato e difeso da tutti. Per rendere il mondo migliore."

Riporto una storia tratta dal libro:

Primo bacio
di Mollie Doyle

Ero piccola. Sei anni.
Campo estivo con attività sportive: nuoto, calcio e non ricordo più quale fosse il terzo sport.
Ma so che ce n’era uno.
Passavamo da un’attività all’altra con la fonte imperlata di sudore.
Era il mio secondo giorno.
L’istruttore di calcio ci annunciò che avremmo giocato nella pista di hockey.
Saremmo stati più freschi.
Non c’era ghiaccio -
era un ovale di cemento con pareti bianche ammaccate dai dischi neri dell’hockey.
L’istruttore ci divise in due squadre.
Non era proprio calcio.
Solo un gruppo di bambini che correvano dietro a un pallone, urlando.
Verso la fine della della sessione giornaliera, caddi e mi sbucciai un ginocchio.
Il sangue mi colò sullo stinco.
Tutti smisero di giocare.
Il gigantesco lembo della mia pelle che penzolava da un blocco irregolare di cemento era meglio di un pallone di cuoio.
Un bambino sfidò una bambina a toccarlo.
L’istruttore spedì tutti gli altri in piscina e mi portò dall’ infermiera.
Ma lei non c’ era.
Così si occupo lui del mio ginocchio-acqua ossigenata,bende,cerotto-con una tale abilità che riuscivo persino a piegare il ginocchio senza che il cerotto tirasse sulla mia pelle.
Mi disse che avevo giocato bene e mi diede una pacca sulla spalla.
Lo ringraziai, e quando tornai a casa quel pomeriggio dissi a mia madre che amavo il calcio.
L’indomani l’istruttore disse al gruppo di disporsi in cerchio e mi invitò a raggiungerlo al centro.
Mi chiese come andasse il ginocchio.
Gli dissi che andava bene.
Mi chiese come intendessi ringraziarlo per avermi curato.
Risposi che non lo sapevo.
“Signorina” fece lui “non conosci la buona educazione? Che ne dici di un bacio?”
Gli dissi che baciare era disgustoso.
Lui rise e chiese agli altri se pensavano che meritasse un bacio.
Loro naturalmente esclamarono: “Sì!”
L’istruttore mi disse di stendermi.
Io scossi la testa e risposi che non volevo.
Lui ridacchiò divertito e mi spinse dolcemente sull’erba ingiallita dal sole finchè ci trovammo fianco a fianco in mezzo al gruppo come sardine in scatola.
Mi staccai rotolando.
Due bambini mi spinsero di nuovo verso di lui.
L’istruttore mi prese, avvicinò la mia testa alla sua e mi baciò.
Spingendomi a forza la lingua tra le labbra.
Io mi divincolai, soffocata. Fu orribile.
I bambini ridevano.
Io me la feci addosso.
L’istruttore avvampò, mi afferrò per un braccio, pinzandomi con il pollice e l’indice e mi trascinò a bordo campo.
Mi disse di tornare a casa.A prendere dei pannolini.
Io corsi a casa e dissi a mia madre che ODIAVO il campo estivo -
specialmente il calcio -
e che non ero nemmeno riuscita a trovare un bagno.
Il giorno dopo non volevo tornarci, ma mia madre insistette, promettendo che mi avrebbe mostrato dov’ erano i bagni.
Non le dissi perchè non mi piaceva il campo estivo – specialmente il calcio.
Una parte di me era troppo piccola per fidarsi del mio istinto:
per sapere che il bacio non faceva parte del gioco.
Ventinove anni dopo,torno a quel campo
e gioco con questo:
Che il primo bacio di mia figlia
che il primo bacio di tua figlia
che il primo bacio di ogni figlia
sia atteso e voluto.


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