domenica 23 ottobre 2011

Wangari Maathai: una vita per la ricerca, l’attivismo e l’ecofemminismo.


In occasione della sua recente scomparsa -26 Settembre 2011-, volevo dedicare un post ad una grande donna e pietra miliare dell’ecofemminismo: 
Wangari Maathai.
Appartenente all’etnia kikuyu è stata la prima donna africana a laurearsi nella storia. Fu insignita della laurea in Biologia al dipartimento di Zoologia nel 1966 presso l’Università di Pittsburgh. Ebbe la possibilità di coltivare le sue doti e il suo spiccato intelletto grazie al programma “Ponte aereo Kennedy” che offriva all’epoca una cospicua borsa di studio ai migliori studenti africani. L’istruzione le aprì le porte ad un “nuovo mondo” e le permise di conoscere , a differenze di altre giovani donne e uomini africani di ieri e di oggi, tutto quello che il mondo può offrire aldilà della morte, della povertà e dell’infelicità. Dieci anni dopo decise di iscriversi al Consiglio nazionale delle donne del Kenya, istituito come come “organizzazione ombrello” per coordinare le attività delle donne del Kenya, le organizzazioni non governative (ONG) e delle collettività locali (CBO)[un dato significativo è dato dalle presenza di oltre 150 organizzazioni femminili affiliate all'organizzazione]. Wangari assunse la presidenza del consiglio nel 1981 fino al 1987 anno in cui decise di ritirarsi.
In questo arco temporale grandi cambiamenti furono introdotti in Africa grazie alla sua figura: il “movimento della cintura verde” (Green Belt Movement), dal lei fondato nel 1977 come organizzazione non governativa, permise di piantare in Kenya oltre 40 milioni di alberi per combattere il fenomeno dell’erosione e della deforestazione,cause dell’impoverimento e dell’eliminazione totale di numerose piantagioni africane, fondamentale e primaria risorsa del territorio. Ma il movimento operò anche a livello sociale, impegnandosi a migliorare la qualità della vita delle donne del luogo, dimenticate dal mondo che si definisce civilizzato. I due campi d’azione del movimento ,che si è esteso anche in altre zone africane come la Tanzania, l’Uganda, il Malawi, il Lesotho, l’Etiopia e lo Zimbawe,sono strettamente connessi tra di loro: Wangari rappresenta l’anello di congiunzione tra le battaglie per i diritti civili e delle donne, la richiesta di nuovi posti di lavoro che vedono le donne in posizione di leadership nei contesti rurali e i diritti ambientali e la salvaguardia della diversità.
Inoltre, la sua tenacia la portò a candidarsi più volte alle elezioni per il parlamento keniota. Dopo molti ostacoli e difficoltà (più volte fu “oggetto” di violenza da parte degli uomini della politica locale che vedevano come elemento di disturbo il suo netto schieramento contro il progetto di cementificazione del parco di Uhuru a Nairobi) nel 2002 riuscì ad essere eletta come membro e nel 2003 divenne Ministro per l'Ambiente e le Risorse Naturali fino al 2005. Oltre a tutto quello che Wangari riuscì a fare per la sua terra, la sua figura irrompe nello scenario internazionale grazie al Premio Nobel per la Pace assegnatole nel 2004 che la designa come prima donna africana ad aver ricevuto tale onorificenza.
Questo giorno segna una vera e propria svolta fra le pagine della storia internazionale: le attuali insieme alle nuove generazione si ricorderanno di questa donna, destinata a rimanere incastrata all’interno di dinamiche decise in modo arbitrario dalle grandi potenze occidentali, troppo evolute per la gente del “sud” del mondo; eppure con la grande fiducia in se stessa e la sua determinazione è riuscita a dare luce e speranza alle donne e agli uomini africani. Attraverso la sua figura il suo popolo ha ri-affermato la propria dignità.
Tra le ultime “conquiste” di Wangari mi piace ricordare la partecipazione alla “Cerimonia di apertura dei XX Giochi olimpici invernali” tenutasi a Torino il 10 Febbraio 2006. In quell’occasione la keniota sfilò per la prima volta nella storia dei giochi olimpici con la bandiera olimpica, simbolo di tutte le nazioni del mondo, insieme ad altre sette celebri donne diverse per origine, cultura e impegno e scelte in rappresentanza di tutte le donne del mondo come simbolo di pace, tolleranza e dialogo tra i popoli (Sophia Loren, Isabel Allende, Nawal El Moutawakel, Susan Sarandon, Manuela Di Centa, Maria Mutola e Somaly Mam).




“Negli anni ho imparato che bisogna avere pazienza, persistenza, impegno. Quando piantiamo gli alberi, a volte ci dicono: "Questo non voglio piantarlo, perché impiega troppo tempo a crescere". Allora devo ricordare loro che gli alberi che stanno tagliando oggi non sono stati messi lì da loro, ma dai loro antenati. Perciò devono piantare alberi che saranno di beneficio per le comunità del futuro. Li porto a pensare che come un arboscello, con il sole, un buon suolo e pioggia abbondante, le radici del nostro futuro sprofonderanno nella terra e un manto di speranza raggiungerà il cielo.”
Wangari Maathai


[Foto di Wangari Maathai by Martin Rowe]

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